Specie acquatiche aliene: guida alla convivenza

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Il nuovo rapporto FAO fornisce indicazioni per rispondere a una sfida sempre più pressante

È disponibile online, gratuitamente, il rapporto tecnico della FAO che fornisce una guida completa per gli stakeholder politici e le imprese del settore della pesca che vogliono affrontare il problema delle specie acquatiche invasive – un fenomeno in costante aumento a livello globale, e oggi ulteriormente aggravato dai cambiamenti climatici.

Un esemplare di granchio blu (Callinectes sapidus)
Un esemplare di granchio blu (Callinectes sapidus)
Crediti:
James St. John – CC 2.0

Fonti

 

Cosa sono le specie aliene

Quella delle specie invasive (dette anche aliene) è una vexata quaestio che interessa l’intero pianeta. Si tratta di specie introdotte dall’uomo, in maniera intenzionale o accidentale, in ambienti esterni alla loro area di distribuzione naturale. Insediandosi e proliferando, possono causare impatti negativi di grande portata. Dal punto di vista ambientale, le specie aliene possono entrare in competizione con quelle native per accedere alle risorse, alterare gli habitat, introdurre malattie o parassiti, e persino causare l’estinzione di specie locali. Le conseguenze economiche possono essere altrettanto gravi. Nel caso si stabiliscano in acque dolci o salate, le specie aliene possono avere impatti negativi sulla pesca, l’acquacoltura, il turismo e altre attività che dipendono dalla salute degli ecosistemi acquatici.

 

 

Le ipotesi per convivere con loro

Il rapporto FAO, coordinato dal Cnr-Irbim di Ancona e frutto di una ricerca internazionale che ha coinvolto undici casi di studio e un sondaggio su 101 scienziati da 44 paesi, propone nove misure per il controllo e l’adattamento alle specie invasive, suddivise in tre categorie principali: socioeconomiche, ambientali e di sensibilizzazione.

 

 

Tra le misure socioeconomiche, il rapporto prende in considerazione lo sviluppo di attività di pesca commerciale delle specie aliene. Questa pratica può contribuire al controllo delle popolazioni invasive e generare nuove opportunità economiche.

 

 

Un esempio evidenziato nel rapporto, frutto di una ulteriore ricerca del Cnr-Irbim e pubblicato sulla rivista Marine Policy,  è quello del granchio blu (Callinectes sapidus), specie che ha recentemente registrato una crescita esponenziale nelle acque del Nord Adriatico.

 

 

Le potenzialità commerciali di simili specie presentano però possibili rischi e possono condurre a “paradossi bioeconomici“, come l’interesse a conservare le popolazioni invasive qualora diventassero redditizie. Ogni situazione va quindi valutata attentamente per garantire una pesca selettiva che non danneggi gli ecosistemi. Un’altra misura socioeconomica proposta è la promozione della pesca ricreativa delle specie invasive, utile soprattutto nei contesti locali.

 

 

Un esemplare di Sigano nebuloso (Siganus luridus)
Crediti:
Diego Delso, CC BY-SA 4.0

 

 

Esistono poi misure di ordine ambientale. Contenere le specie invasive attraverso il controllo spaziale (strategia particolarmente efficace in aree limitate o di grande valore ecologico) o ricorrendo al controllo biologico sono tra di esse. Sul lungo periodo, viene sottolineata anche l’importanza del ripristino degli ecosistemi danneggiati dai nuovi ospiti.

 

 

Infine, il rapporto FAO sottolinea la rilevanza delle misure di sensibilizzazione. Programmi educativi e di outreach servono per aumentare la consapevolezza del problema tra i diversi stakeholder, compresi pescatori, cittadini, gestori e politici. La promozione del dialogo e della collaborazione tra le parti interessate, sottolineano gli autori dello studio, è fondamentale per affrontare efficacemente le sfide poste da questa nuova realtà.

 

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