
Gli altri abitanti di Roma
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La biodiversità della capitale è una ricchezza. Anche per il benessere psicofisico dell’uomo
Negli ultimi duecento anni, Roma è stata la dimora di un elevato numero di specie che oggi – con la perdita degli habitat, l’inquinamento (anche sonoro e luminoso), la variazione del microclima e pericoli come l’attraversamento delle strade – si trova in difficoltà. Eppure, gli animali e gli ambienti naturali in cui vivono sono una ricchezza inestimabile anche per gli esseri umani, sotto molti punti di vista.

L’indagine su due secoli di storia
Lo studio pubblicato su Proceeding of The Royal Society B, a cui ha partecipato il CNR-IRET, è partito dall’analisi di quasi due secoli di storia romana (dal 1832 al 2023) per produrre una fotografia straordinaria della capitale, dove per una volta i protagonisti sono gli animali. Mettendo assieme oltre 6300 dati di presenza di mammiferi (includendo monitoraggio, collezioni museali, centri di recupero e dati raccolti attraverso la piattaforma iNaturalist), i ricercatori hanno individuato 51 specie di mammiferi, tra cui le più rappresentate sono il riccio, la volpe, il pipistrello di Savi e quello albolimbato.

La presenza di molte specie non è variata drammaticamente nel corso del tempo grazie soprattutto alla complessa struttura della città, che conta su ampi spazi verdi e corsi d’acqua. Ma le specie registrate in passato nelle aree umide sono diminuite: se negli anni Cinquanta ce n’erano nove, oggi ne rimangono quattro. A farne le spese sono stati la lontra, il vespertilio di Capaccini (un tipo di pipistrello), la puzzola e l’arvicola d’acqua, che proliferavano in paludi e stagni: il loro habitat naturale è stato sostituito da costruzioni, coltivazioni o cementificazione, oppure ha subito un forte degrado a causa dell’inquinamento.
Perché gli ambienti umidi sono essenziali
Non è una perdita solo per gli animali. Gli ambienti umidi sono spazi vitali anche per la presenza umana. Oltre a salvaguardare la biodiversità, risultano cruciali per le loro funzioni ecologiche: assorbono le precipitazioni, regolano la temperatura (assorbono calore d’estate, mitigano il freddo d’inverno) e riducono gli inquinanti atmosferici.
Gli autori dello studio evidenziano il fatto che l’inevitabile crescita urbana non deve comportare necessariamente una perdita di biodiversità: comprendere le tendenze della fauna e promuovere città più sostenibili e rispettose della natura è un cammino percorribile, per il beneficio di tutti i viventi. Preservare gli ambienti acquatici ancora presenti, evitare la cementificazione delle sponde o l’introduzione di specie aliene (come pesci rossi, testuggini palustri americane, anatidi domestici) sono alcune delle possibili azioni da inserire nella pianificazione urbana.