eDNA: studiare la biodiversità senza cattura

Redazione Avatar

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Grazie al metodo del DNA ambientale, è possibile indagare la biodiversità ittica senza raccogliere i pesci

Per studiare la biodiversità ittica non serve catturare i pesci. È quanto emerge da una ricerca pubblicata su Estuarine, Coastal and Shelf Science, e condotta da scienziati dell’Ogs (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) assieme ad Arpa Fvg e Stazione Zoologica Anton Dohrn, che ha evidenziato l’efficacia di un nuovo metodo, chiamato eDNA.

Immersi fino al ginocchio nelle acque della laguna, due ricercatori tendono una rete da pesca
Laguna di Grado
Crediti:
Archivio OGS

Fonti

 

Il metodo tradizionale, fra pro e contro

Tradizionalmente, lo studio della biodiversità si basa soprattutto sulla raccolta diretta degli organismi. Questo metodo ricorre principalmente alla pesca con reti a traino: con una sciabica da spiaggia si catturano i pesci presenti in un’area definita, si identificano gli esemplari catturati, e poi si misurano la presenza, l’assenza, l’abbondanza e la biomassa degli stessi.

 

 

Tale approccio consente di ottenere informazioni dirette – con dei limiti: la pesca con reti a traino non è efficace nel catturare tutte le specie presenti in un ambiente, soprattutto quelle più elusive, di piccole dimensioni o presenti in basse densità. Questo può portare a una sottostima della biodiversità effettiva, e introdurre un bias nei risultati. Inoltre, questo tipo di pesca può causare un disturbo all’habitat e agli organismi che lo popolano.

 

 

I vantaggi del nuovo approccio

Il metodo dell’eDNA, o DNA ambientale, invece, non è invasivo. Consiste nella raccolta di campioni ambientali – come acqua, suolo o aria – che potrebbero contenere tracce di DNA degli organismi che vivono nell’area presa in esame. Dai campioni raccolti, in laboratorio, viene estratto il DNA. Utilizzando poi database di riferimento che contengono le sequenze conosciute di diverse specie, è possibile procedere alla loro identificazione.

 

 

In altre parole: quando in un campione ambientale è presente il DNA di una specie, significa che quella stessa specie è presente nel luogo in cui è stato raccolto il campione.

Uno dei vantaggi del metodo dell’eDNA è la possibilità di rilevare la presenza di specie anche quando queste sono presenti in basse densità o difficili da campionare con i metodi tradizionali.

 

 

eDNA: il caso della Laguna di Marano e Grado

Il nuovo studio ha preso in esame la laguna di Marano e Grado, un’area di grande importanza ecologica: funge da nursery per molte specie di pesci, è un ambiente di transizione tra acqua dolce e salata, ospita specie a rischio e protette a livello europeo, è composta da una varietà di ambienti e – non ultimo – è un esempio di interazione tra attività umane e ambiente naturale.

 

 

Paesaggio lagunare che ritrae l’isola di Barbana, nella Laguna di Grado
Isola di Barbana, Laguna di Grado
Crediti: Marcok – CC-BY-SA-2.5

 

 

In due diversi periodi dell’anno (primavera e autunno), gli scienziati hanno raccolto campioni di acqua in 16 diversi punti della laguna. L’analisi dell’eDNA ha permesso di identificare 34 specie di pesci nella laguna, mentre la pesca con reti a traino ne ha rilevate solo 18, confermando la validità del nuovo strumento di indagine.

 

 

La proposta: integrare vari metodi per conservare e gestire al meglio

Anche l’eDNA presenta però dei limiti: la capacità di identificare le specie dipende dalla completezza dei database di riferimento (se una sequenza non è presente nel database, non è possibile identificarla), e i campioni potrebbero essere contaminati da DNA proveniente da altre fonti (come organismi trasportati dal vento o dall’acqua). Inoltre, questo metodo non permette di stimare l’abbondanza o la biomassa della popolazione.

 

 

In conclusione, i ricercatori sottolineano che questo metodo, integrato con altri approcci, può portare a una comprensione più completa e accurata della biodiversità di un ecosistema, e fornire informazioni importanti per la conservazione e la gestione di aree ricche e fragili come quella esaminata.

 

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